12 aprile 2005

Te la raccomando.




Questa mattina ho ritirato una raccomandata alle Poste. La raccomandata con ricevuta di ritorno serve a due cose:
  1. far incassare 3.50 eur a Poste Italiane, che in cambio offrono code interminabili agli sportelli e fogliacci spiegazzati dove apporre uno scarabocchio di firma;
  2. tranquillizzare il mittente il quale, dopo qualche settimana, riceverà una cartolina con scritto che il destinatario, previa presentazione di un documento di identità, ha ritirato la raccomandata. Non significa che l'ha aperta.
Nella maggior parte dei casi, la notifica di lettura arriverà al mittente molto tempo dopo lo svolgimento dell'evento (ad esempio, una noiosa assemblea di condominio).

Banalmente, un'email con firma digitale e ricevuta di consegna e di lettura sarebbe più efficace, completa (la conferma di apertura) e con costi tendenti alle zero.

11 aprile 2005

L'arte dell'attesa.




Il semaforo rosso è una perdita di tempo. Attendere il mio turno al banco gastronomia della Coop è una perdita di tempo. La sala d'attesa del dottore è un'altra, seccante perdita di tempo. Anche la gravidanza (9 mesi di attesa prima di venire alla vita) è un'attesa verso nuove attese. E siccome la nostra vita è scandita da attese (in attesa di fare qualcosa o di un'ulteriore attesa) si può trasformare i tempi morti in una forma (meglio: rappresentazione) d'arte.

Il Castello di Rivoli ospita un tentativo di performance effimera (non sono permesse fotografie né filmati: non ne rimarrà nulla se non la memoria, e poi l'oblio) dell'attesa come arte. L’opera consiste nella partecipazione di 100 donne, invitate dalla stessa Elin Wikstrom, a un’attesa di 15 minuti circa, perché, a suo dire, l’ancestrale condizione di attesa circonda il ruolo sociale della donna.

Cristina e Livia hanno partecipato. Hanno atteso. Cosa aspetto?, si chiede Cristina. Aspetto la prossima donna che a sua volta ne aspetterà un’altra.

Avvicinandomi all’anonimo tavolo che mi aspetta in un angolo qualunque del castello, mi sento un po’ delusa. Data la semplicità e genialità del concept mi aspettavo una grande stanza vuota, dove la silenziosa attesa potesse riempirne lo spazio suscitando maggior stupore negli scettici visitatori. Invece quell’ammezzato un po’ buio restituisce una dimensione talmente reale da farne perdere la spettacolarizzazione cui siamo abituati e assuefatti.

Ritornando, dunque, a quell’attesa ho compreso che forse il vero obiettivo dell’installazione tende all’introspezione (o questo è ciò cui voglio credere io). Un’opera a uso e consumo dell’individuo protagonista di se stesso e non l’ennesimo spettacolo da osservare e giudicare.

Così nelle altre attese ho visto 15 minuti di nervosi litigi con le patinate pagine di mediocri pubblicità, ho visto 15 minuti di golosi gossip dell’ultimo fashion magazine d’edicola. E poi ho vissuto i miei 15 minuti attraverso i quali ho scoperto che l’attesa può essere dolce, può rallentare la frenesia, può donare nuove energie, può suggerire uno stile di vita che punti alla qualità piuttosto che alla quantità, perché la vita, come un buon vino, può donare più sapore e maggiore persistenza se viene gustata a piccoli sorsi.

E allora la vita, come l’amore, è lentezza?


L'attesa attenua le passioni mediocri e aumenta le grandi.

F. de la Rochefoucauld



Thanks to C.P.

08 aprile 2005

E-motivo.

Non riesco a togliermi dalla testa un pensiero fisso: il massaggiatore shiatzu mi guarda prima l'orecchio sinistro, poi fa il giro del lettino e mi guarda l'orecchio destro, si ferma, riflette serio serio, e poi mi dice:

"Lei in passato è stato una persona emotiva, ma negli anni ha imparato a controllare con il raziocinio la sua emotività."

Non è il fatto che lo abbia capito dalle orecchie: quello che mi ha impressionato è che l'osservazione corrisponde a verità.

Se bluffa, lo fa bene. Molto bene.

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[siamo come due rami della stessa pianta che crescono separatemente ma sotto terra sono uniti dalla stessa radice]

07 aprile 2005

Una tecnologia senza buon gusto?




Stanno facendo il giro del mondo i commenti -- a volte indignati a volte asettici -- sulle foto scattate alla salma del Santo Padre con i camera-phone e inviate via MMS o salvate su computer.

Coda, processione, attesa, finalmente l'arrivo dinnanzi al corpo e clic, scatto col cellulare. Poi, qualcosa sarà. Potrà essere un cimelio da "io c'ero", un wallpaper per il telefono, l'immagine per il proprio blog o da inviare via mail.

Altri hanno fatto di più, commentando a voce, registrando e podcastando l'evento, senza lesinare sospiri, rumori di fondo e di passi, organi liturgici, e una certa teatralità compiaciuta.

Tutti spie, tutti fotoreporter, tutti grandi tecnologi. Tutti affamati di ricordi eppure senza memoria.

Diceva Montanelli: Le uniche lacrime vere sono quelle che si piangono in una stanza chiusa e senza specchi. Non sembra questa l'atmosfera di Roma. L'ansia di avere un ruolo nel circo mediatico (anche se da comparsa e per pochissimi istanti) sembra avere il sopravvento sulla reale e intima commozione per la morte del pontefice.

Ma non è l'unico esempio. Non si allontana di un millimetro da vecchi stereotipi maschilisti l'ultima pubblicità con Adriana alle prese con la tecnologia: inquadrature ammiccanti, luoghi comuni, scollature ormai note.

La bella brasiliana non spiaccica una sola parola in tutto lo spot (e praticamente in tutta la campagna, essendo ridotta ad icona di se stessa) e si limita ad esprimersi a gesti, cenni del capo e occhiate maliziose dal basso verso l'alto.

Forse la tecnologia rimane un mezzo neutro e sono gli utilizzatori a mancare di buon gusto. Ma, si dice, l'occasione fa l'uomo ladro.

06 aprile 2005

Pezzi e pezzi.




Francesco De Gregori è tornato in studio e ne è uscito il suo ultimo album, intitolato Pezzi.

Già salutato, per liriche e giri armonici, come il più dylaniano dei lavori del principe della canzone, il suo primo singolo Pezzi passa spesso per radio e, personalmente, lo trovo convincente.

Non per sminuire l'intuizione del cantautore, ma ci tengo a ricordare che anch'io qualche anno fa (2001) ebbi a che fare con i miei Pezzi.

Buongiorno.




Scuola materna di Via Valdellatorre, ore 8.30.

Una giovane donna, presumibilmente dopo aver lasciato i bambini alle cure della maestra, esce dalla porta principale e si avvicina alla propria Mercedes ML nera parcheggiata in seconda fila.

Ha l'aria di chi la sa lunga. Veste bene, ha un paio di tacchi vertiginosi. Accomodandosi sul sedile in pelle chiara, lo spacco della gonna mostra gambe lunghe e sinuose.

Rallento visibilmente. Passo accanto. Nel retrovisore vedo sfavillare i fari allo xenon del grosso SUV tedesco.

Sono le 8.30 di mercoledì mattina, penso.

05 aprile 2005

Podcasting e scetticismo.




Ieri mattina Luca Sofri ha citato un articolo di Darren Barefoot il quale esprime il proprio scetticismo sul podcasting (vedi ad esempio qui e qui)

Darren, nel suo blog, sostiene che il podcasting non avrà successo perché:
  • è già tardi, è già passato di moda, non è rivoluzionario
  • i file audio sono troppo pesanti rispetto a quelli testuali e compromettono la syndication
  • solo il 40% degli americani ha la banda larga
  • chiunque sappia scrivere può scrivere un blog, ma non tutti possono diventare pocaster (servono equipaggiamento e conoscenze)
  • il pubblico della radio sta diminuendo

Tutte motivazioni valide. Ma, almeno in Italia, vogliamo dargli una chance a questo podcasting o ci fidiamo degli americani per dichiararlo nato morto?

Conigli in fuga.




Ogni mattina, a bordo della mia ormai sgangherata Ka rossa, percorro l'ultimo tratto della A4 in direzione Torino.

Sullo svincolo di Settimo T.se, costruito in mezzo ai campi, assisto attonito ad uno spettacolo che si ripete con tragica puntualità: sull'asfalto giacciono, schiacciati stritolati devastati, corpicini di conigli travolti dalle auto in corsa.

I poveri animali, che hanno abitudini notturne, tentano di attraversare lo svincolo e finiscono sotto le ruote. E' terribile vedere la poca pelliccia intrisa di sangue, e immaginarli ancora vivi, a correre sull'erba dietro i guardrail d'acciaio.

Allora ho pensato: ci sarà pure una soluzione al problema della morte dei conigli.

In realtà, ce n'è più di una. Vediamole:
  1. Stendere una rete in corrispondenza dei guardrail in modo che i roditori non escano sull'autostrada.
  2. Sottoporre gli animaletti a un corso di educazione stradale (attraversamento, precedenze ecc.) e dotarli di una patente a punti.
  3. Sperare che con la primavera intensifichino la loro attività sessuale a scopo riproduttivo (durata di un singolo rapporto completo: 35 secondi, sigaretta compresa) in modo da riequilibrare la popolazione sterminata sullo svincolo.

02 aprile 2005

Lo Yin e lo Yang di Sampierdarena.





Per chi non lo sapesse, Sampierdarena (già San Pier D'Arena) -- un tempo residenza di villeggiatura per i genovesi -- è oggi un popoloso quartiere residenziale nel ponente del capoluogo ligure. Lo si raggiunge dal centro percorrendo la Strada Sopraelevata.

Fine del pistolotto storico-turistico. Perché in questo luogo c'è qualcuno d'importante. C'è un grande massaggiatore.

Dopo la mia breve e recente esperienza nella galassia sanità pubblica e la conseguente constatazione che il progresso della scienza medica passa ineluttabilmente per compromessi, burocrazia, corruzione e pressapochismo, ho messo momentaneamente da parte il mio radicato (ma non radicale) scetticismo nei confronti di tutto ciò che è naturale/tradizionale/orientale e mi sono messo -- è il caso di dirlo -- nelle mani del massaggiatore Shiatzu.

Shiatzu? La mia ignoranza su questa disciplina è tale che non so nemmeno se l'ho scritto correttamente, e in genere abbozzo un sorriso di infastidità superiorità ogniqualvolta mi si parla di discipline orientali. Eppure.

Eppure, quest'anziano geometra di Bargagli (GE), una vita di studi non riconosciuti in medicina tradizionale, agopuntura, massaggio e pesca alla mosca, ha fatto qualcosa per me, scettico, snob e viziato figlio dell'Occidente e di MTV.

Per prima cosa, mi ha ascoltato. Se detta così sembra poca cosa, mi rendo conto che degli operatori sanitari alle cui cure mi sono affidato, è stato il primo che ha cercato di capire. E di spiegarmi che avevo secondo la medicina cinese.

In secondo luogo, non ha messo un monitor del PC (o altro ostacolo) tra me e lui, ma si è prodigato nella cura del mio corpo privo dei complessi e della routine che affliggono tanti medici seduti nei loro Cayenne.

E mi ha stupito. Osservando la forma delle mie orecchie, ha capito che domino col raziocinio una natura emotiva. Mi ha cortocircuitato il mignolo della mano e del piede sinistri alleviando il dolore alla colonna cervicale. Infine, con tecniche misteriose, ha attenuato la mia cronica infiammazione al pollice della mano sinistra.

E' probabile che il successo di queste forme di cura del corpo dipenda dalla suggestione e dell'autoconvincimento del paziente (ovvero, da una certa capacità di persuasione occulta del sanitario) e che i migliori risultati si abbiano su persone che compiono un atto di fede nei confronti di pratiche inusuali. Io, comodamente sdraiato sul lettino dei massaggi, ho lasciato che le sue tecniche (mediche o persuasive, chi se ne frega) avessero influenza sul mio corpo.

Mi sono alzato meno dolorante, meno rigido nei movimenti, quasi convinto che anche il pollice fosse più libero di muoversi.

Finora le cose vanno bene -- vanno meglio. Mi fa pensare.

Continuerò per certo a storcere il naso di fronte a concetti come energia negativa, equilibrio e piante medicinali. Anzi, probabilmente scuoterò il capo. Ma questo movimento sarà molto, molto meno fastidioso di prima.

PS: l'impostazione della cura è sicuramente cinese, ma alla fine della terapia il Maestro ha accettato ugualmente la moneta dell'Europa Unita, e in quantità nemmeno troppo esigua.