14 settembre 2006

Telecom vista da dentro (anzi dal basso).

Ieri sera mi ha chiamato un amico per chiedermi come stavo. Quando gli amici si preoccupano di te perché sanno in che azienda lavori, allora le cose non vanno affatto bene.
Non ho mai fatto mistero di lavorare per Telecom Italia; eppure in questi giorni di particolare confusione, in mezzo ad un susseguirsi di notizie e smentite, mi sono imposto di tacere, di non scrivere una riga, di concentrarmi sul lavoro ed evitare di trasmettere la mia ansia all'esterno.
Qui all'interno (meglio: dall'alto al basso, ovvero dagli intoccabili ai peones) circolano messaggio di "serenità, orientamento agli obiettivi e non parliamone più". Io, che ho un ufficio di fronte ai distributori automatici di caffè, posso confermare che questi messaggi vengono giustamente ignorati, e che tra un espresso e una minerale non si parla d'altro. Col groppo in gola, beninteso.
Mi sono proposto di tacere. Allora dico solo che ne scrivono - molto, molto meglio di me - .mau., De Biase e Mantellini. Un lettore di Mantellini commenta ironico: Apple che compra Telecom, tutto il business nelle intercettazioni.
Corriere, Repubblica , La Stampa, e Financial Times  continuano a sottolineare gli aspetti drammatici, grotteschi e conflittuali della vicenda, e nonostante qualche (ingenuo o doloso) ottimismo sul filone media company, piovono critiche a destra e a manca, critiche difficili da respingere anche indossando i panni del dipendente. Oltre alla miserevole e materialistica preoccupazione di ritrovarsi presto in un'azienda dissanguata costretta a tagliare personale, c'è anche un sincero rincresicmento nel constatare che tanto la stampa quanto l'opinione pubblica usano termini come declino e sconfitta.
Sono troppo in basso per potermi esprimere su eventuali rischi finanziari e industriali a cui l'azienda potrebbe esporsi, e non mi va di parlare a vanvera per sentito dire. Da qui, dal basso della mia posizione, avverto forte e immediato il rischio che la persistente situazione di incertezza e la mancanza di una visione di lungo periodo, in termini di strategia e missione, possa tradursi in una perdita di fiducia, lealtà e impegno nei confronti dell'azienda. E non basta una letterina o le parole scanzonate del management per mettere l'animo in pace. Serve altro, ma non arriva.

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