27 ottobre 2005

Postcards from London.

Vada per la Union jack. E lo scrivo da un Internet point scelto per il prezzo (£1 per 2 ore). Solo che siamo stipati su due piani, stretti stretti come i polli d'allevamento, e mi chiedo: "se scoppi un incendio qua dentro, quante probabilita' ho di tornare a casa dentro una cassa di pino?". Parecchia, a occhio e croce. Speriamo bene.

Questa e' la terza volta a Londra dall'inizio dell'anno. La mia buona stella ha fatto si' che non ci siano stati (ancora) attentati o altre piacevolezze. Additionally, c'e' stato un problema con gli organizzatori della conferenza, il che mi ha permesso di esercitare l'uso del sarcasmo in lingua inglese e forse di ottenere un bonus per un altra conferenza. Staremo a vedere.

A parte questo, una bella scoperta. Denmark street pullula di negozi di strumenti musicali che sembrano l'esatto contrario di quelli italiani: entri e ti dicono "If you wanna try the guitars, feel at home!" mentre da noi la frase standard e' "se non la compri non la puoi provare, pezzente che non sei altro" o simili.

Ovviamente Londra non e' solo belle soprese: ci sono anche le solite orribili certezze, come il cibo che, in qualunque sua forma e preparazone, lascia sulla lingua una disgustosa moquette biancastra, resistente ad ogni tentativo di abrsaione. Poi ci sono gli inglesi con la loro cadenza british, i quali non fanno alcun sforze per rinunciare al loro parlare sincopato e snob. Pazienza, quando non si capisce qualcosa, basta sorridere e rispondere loro "it would be nice!", per loro e' lo stesso. A voler salvare gli inglesi, c'e' che ti aiutano: e' sufficiente fermarsi su un marciapiede con una mappa in mano e un volenteroso spilungone con i capelli chiari e le efelidi ti chiedera' se hai bisogno d'aiuto perche' anche lui una volta ha stampato una mappa di Londra da mapquest.com e si e' perso. Se si perde lui...

Non mi resta che lasciare l'Internet point prima che da qualche vecchio Pentium parta la fatale scintilla, avviarmi verso Soho, sbavare davanti a qualche p o r n o star che presneta l'ultimo DVD, trovare un ristorante sotto le 20 £ e quindi tornare in albergo per la consueta abrasione serale della lingua.

25 ottobre 2005

Io allo specchio.

Quello che vedete in posa sono io davanti allo specchio mentre cerco di imprimere sul mio volto un'espressione simpatica.
Quello che vedete alle mie spalle è il rivestimento del mio bagno, e a quei ganci appendo l'accappatoio. Sì, avete visto giusto: è perfettamente in bolla.
Quella che vedete davanti a me -- e grazie alla quale vedete me -- è la mia macchina fotografica.
Quella che vedete addosso a me è una t-shirt bianca Levi's acquistata in confezione da 3 (L. 16.000) presso la jeanseria Olmeda di Genova nel 1989, e tuttora in discrete condizioni (la t-shirt, non la jeanseria).

Foto: Nikon F e Nikkor 35 f11, scansione da pellicola negativa.

Settimo (interno) notte.


  1. Nella cassetta delle lettere ho trovato il catalogo Ikea degli addobbi natalizi. Un brivido di paura mi è corso lungo la schiena.
  2. Il comico scherza, finge di incassare il colpo, ma in realtà soffre di non essere nella lista: dopo aver fatto tanto casino e aver speso soldi non suoi farebbe bene ad ammettere di aver fallito.
  3. Domani parto per Londra, terza volta dall'inizio del'anno. Spero che non ci siano bombe perché, se disgraziatamente ci lasciassi le penne, non credo che m'intitolerebbero una piazza.
  4. Sulla Rai, Minoli o un suo clone ha strillato un documentario su Vallanzasca. Qua e là, la regia ha mostrato un certo tono compiaciuto per quella malavita che rispettava le regole dell'onore. Vallazasca, parlando del suo socio detto il Drago: "Piuttosto che sparare alla schiena si sarebbe fato ammazzare."
  5. E' passata l'una del mattino e sto ancora riempiendo la valigia: due camicie, ombrello da viaggio, La possibilità di un'isola.

Foto: cantiere Via Livorno, settembre 2005. Nikon F, Nikkor 24mm f8, scansione da pellicola negativa caduta in garage (e pertanto rigata).

24 ottobre 2005

Qualcosa da nascondere.

La prima sensazione, uscendo dalla sala in cui hanno proiettato Niente da nascondere, è stata una infastidita delusione: mi è sembrato che il premio per la miglior regia a Cannes 2005 lo abbiano un po' estratto a sorte. Eppure leggo in rete pareri quasi entusiasti.

Il film inizia con un lungo piano sequenza, inqudratura fissa, assenza di tema musicale. L'unico suono è il rumore della strada. Le voci fuori campo si trasformano nelle voci dei protagonisti che introducono lo spettatore nel vivo della vicenda. Chi spia la coppia? E' davvero Majid, il mancato fratellastro del protagonista (Daniel Auteuil)?

Ma poi la storia si perde per strada con almeno tre (troppi) spunti accennati e non sviluppati: la fuga del figlio dei protagonisti (Pierrot, perché questo nome?), il mistero delle videocassette registrate di nascosto ma da punti di ripresa troppo facilmente individuabili e, infine, l'ultima sequenza con il dialogo tra Pierrot e il figlio di Majid.

Si esce senza sapere che cosa è successo veramente, chi tormentava la famiglia, per chi è stato versato quel sangue. Va bene il gioco del finale aperto, ma le incertezze sono troppe e mi hanno lasciato un senso di incompiuto. Forse la vera colpa è del cinema hollywoodiano che mi ha abituato a lasciare a casa la fnatasia, presentando prodottini facili e pronti da consumare senza alcun sforzo. E ora non sono meno bravo di un tempo a usare la mia immaginazione. Ma la perplessità, di fronte alla pellicola di Haneke, è e rimane molta.

19 ottobre 2005

Le ceneri di Torino.


Costruiremo una città nuova sulle sue macerie. Abiteremo i suoi nuovi silenzi. Il vento porterà in alto le ceneri della città che fu.

18 ottobre 2005

Il pickguard che vorrei/2.


Fatto in fretta e furia, ma il concetto è questo, con selettore tipo Gibson anziché Fender. Il potenziometro del tono incorpora uno switch push-push per splittare l'humbucker in posizione neck.

17 ottobre 2005

Al voto, al voto.


Abbiamo votato in 4 milioni. Abbiamo firmato il Manifesto dell'Unione. Abbiamo dato qualche monetina (che, moltiplicato per 4 milioni, è una cifra interessante). Il nostro voto è servito per indicare chi vorremmo come candidato per un governo di centro sinistra. Adesso spero che il nostro gesto si traduca in un programma di governo e non nella consueta propaganda "contro le destre" che, alla fine, si rivela povera di idee e misera di fatti.

14 ottobre 2005

Asini, asini, asini.

La Stampa di oggi, pagina 2. Dialettica da stadio dopo l'approvazione della legge elettorale. Fin qui nulla di nuovo. A raschiare il fondo bisunto del barile ci pensano Flavia Amabile, che firma l'articolo, e (presumibilmente) il caporedattore.

Sottotitolo dell'articolo:

Solo Carlucci e Bertolini esultano: a noi ci difende Silvio.

Tre grossi errori in una sola riga:
Primo: difendere è un verbo transitivo. Si dice "Silvio difende qualcuno", non "a qualcuno".
Secondo: a noi ci è un pleonasmo, qui aggravato dal fatto che c'è un'incertezza nel tipo di complemento utilizzato.
Terzo: per definizione, quel Silvio non ha alcuna intenzione di estendere il concetto di difesa al di fuori dei suoi interessi personali, delle sue aziende e, al limite, dei suoi scagnozzi.

Poco importa, ora, sapere a chi attribuire la frase, se alle deputate in questione (la prima un avanzo da avanspettacolo) o alla giornalista.

Il quarto, imperdonabile errore sarebbe spendere altri 90 centesimi per comprare ancora La Stampa.

13 ottobre 2005

Perché la notte/2.


Torino era per me, bambino, Quattroruote con le prove della Regata e il centro commerciale Città mercato di Rivoli, che vedevo dalla tangenziale mentre mio padre guidava verso la casa in montagna.

Torino ora è un po' questo. Le foto su Quattoruote sono diventate immagini ricorrenti. La Città mercato ora si chiama Auchan, e non deve essere mio padre al volante per arrivarci.

La notte a Torino nord sono i tecnici Fiat e Iveco che collaudano veicoli camuffati con vistose coperture di plastica nera, e segnano appunti ai semafori. Ecco le mie riviste che diventano realtà.

La notte a Torino nord sono i venditori ambulanti di panini e i crocicchi improbabili e vagamente disperati di clienti assembrati intorno alle luci alimentate dal generatore. La notte a Torino nord è spesso immagine che finisce in pellicola, quando cammino con le Nikon a tracolla e il tripode in mano, in cerca di un angolo che non dica niente di niente ma che sia qualcosa che, semplicemente, è.

La notte rientro a casa. Sento la TV accesa della vicina insonne, qualche auto che attraversa la periferia addormentata, il fuscio della mia solitudine.

Non è facile dare la buonanotte alla propria ansia.

12 ottobre 2005

Il progetto prende forma.

Ho trovato da Voodoofactory di Torino questo bell'oggetto:

Cosa più importante, Vodoofactory è anche un laboratorio di liuteria.
Ovvero: io farò i disegni a matita sul retro del pickguard per indicare dove vorrei slot per pickup e buchi per potenziometri e selettore. Loro, con la fresa, faranno il lavoro di precisione.

Ed ecco come dovrebbe essere la configurazione finale:
  • Ponte: minihumbucker Seymour Duncan Vintage Rails, non splittabile
  • Manico: minihumbucker tipo Hot Rails, splittabile (lo split sarà un push/push integrato nel potenziometro del tono)
  • 1 volume
  • 1 tono (con push/push)
  • 1 selettore a 3 posizioni (N- B - N+B) tipo Les Paul

11 ottobre 2005

Perché la notte.

La notte comincia con una cena preparata in fretta mentre faccio zapping fra 7 telegiornali identici che dicono notizie identiche e hanno identici servizi sui vini del Monferrato. La notte prosegue Distretto di Polizia 5, e la celebre battuta: "A Robe', e che me ponno fa'?". E poi via, una televendita dietro l'altra, e telefoni erotici, numeri del lotto, consulti cartomantici, mobilifici di periferia.
Perché la notte...

La notte è solitudine, silenzio rotto dal fischio lontano dei treni, dalla televisione dei vicini che ridono ad ogni pubblicità. La notte è ansia del giorno seguente. La notte è ansia e dolore.
La notte è freddo contro i vetri che mostranoauto in corsa, nebbia e luci gialle.
Perché la notte...

Ma la notte è anche stupore, la notte è luce e colore da inseguire con sguardo aggraziato, complice, privo di malizia. La notte è silenzio per pensare e per leggere. La notte è tre corsie per correre e semafori che lampeggiano agli incroci. La notte è una birra fresca bevuta con un amico.
Perché la notte.

04 ottobre 2005

Il pickguard che vorrei.

La mia Strato presto avrà un nuovo mini humbucker single coil sized che sostituirà il single coil originale in posizione neck e farà il paio con il Vintage Rails al ponte.
Così la configurazione passerà dall'attuale H-S-S alla nuova H-S-H. Con un problema: a me del single coil centrale non importa proprio niente. Non lo uso mai, neanche in combinazione con neck o bridge, così l'ho abbassato a filo del pickguard, e se ne sta lì, inutile e inattivo.

Mi piacerebbe un pickguard diverso, più pulito, e privo dell'alloggiamento centrale: solo due slot single coil dove mettere i miei mini humbucker. E poi, quel potenziometro del volume... La posizione non mi piace, è un attimo abbassarlo per errore. Basterebbero un potenziometro splittabile (H-S) per il volume in posizione arretrata e uno per i toni in basso.

Insomma, una cosa così:
Purtroppo già fatto non esiste. Lo si può avere su ordinazione dal Paradiso dei pickguard, ma la spesa sarebbe eccessiva. Siccome non ho trovato modelli già fatti, i casi sono due:
  • ho avuto un'idea geniale
  • ho avuto un'idea cretina.
L'esperienza, ahimé, mi suggerisce la seconda.

Morire di calcio ovvero Preziosi vattene!

Foto: merateonline.it

Altro che campagna anti-Fazio di Beppe Grillo: qui ci vuole una campagna anti-Preziosi! Non contento di aver spedito il Genoa in serie C1 facendosi intercettare come un cretino ("Ma che fate, avete segnato?? Io ho pagato!!"), litiga con il Professore, l'orgoglio dei genoani, e quello ci lascia le penne in diretta TV.

03 ottobre 2005

Perché Roma.

Con questo articolo si conclude la trilogia delle città sull'acqua (Amsterdam, Genova, Roma)


Poco dopo Grosseto, i pini marittimi ai bordi dell'Aurelia diventano una presenza importante, maestosa. E' questo il primo segno che si sta per arrivare a Roma. E poi il vento: abbassando il finestrino dell'auto dopo ore di autostrada e traffico, entra un vento leggero che sa di mare.


Roma non è sul mare. Per vedere il mare c'è Ostia con le sue pinete e le strade dai nomi nuovi, inconsueti: Via Polinesia, Via Molucche. Ma Roma è sull'acqua e l'acqua è una presenza costante, quasi a significare lo scorrere del tempo: un fluire lento come quello del Tevere e dell'Aniene o creativo, come l'acqua dalle mille fontane di Roma.


C'è un'altra corrente che attraversa la città: è la sua gente. A me piace ascotare quello che dice la gente, mi piace passare accanto alle persone, lentamente, e cercare di carpirne i discorsi. La parola Roma è frequente, quasi una necessaria autoaffermazione di chi la abita. Un'affermazione, a volte un po' gridata, dell'essere romani, ovvero parte della storia fondante d'Italia, che piaccia o no.

E allora è facile imbattersi in modi di dire e in scritte che hanno fatto della romanità una religione laica e divertita, che ha i suoi sacerdoti nelle guardie del corpo che aspettano appoggiate alle Mercedes, nei coatti che sfrecciano in scooter, nei commercianti abbronzati del centro.

Ma il cielo è sereno, e tutto si sopporta meglio, soprattutto il traffico. C'è quest'aria fresca che alleggersice tutto, rende i passi più sereni, spensierati.

L'acqua scorre anche dal cielo: una pioggerellina fitta prende il posto del blu del cielo, e scende sottile ma tenace. Di passo in passo, recito - per quel che ricordo - i versi di D'Annunzio:

piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri